Bra-Ceva


Cenni storici

Ferrovia Bra-Ceva: la stazione di Bastia.

Già all'inizio dell'800 si stavano elaborando degli approfonditi studi sulla realizzazione di una ferrovia da Torino a Savona, ritenuta di grande importanza commerciale.

Nella disputa fra il percorso lungo la Valle Tanaro e l'altro per Fossano, Mondovì e Ceva, aveva vinto il primo. Si era infatti preferita una linea da costruire "per intero" a quella che, a Fossano, si sarebbe staccata dalla Torino-Cuneo. Inoltre, si era voluta una linea "diretta" perché più corta di 15 chilometri rispetto all'altra. In realtà, tali calcoli risulteranno errati in quanto si scoprirà una differenza di soli 2 chilometri.

Con Regio Decreto 3724 del mese di novembre 1861 fu approvata la concessione della "Linea Torino-Savona per Carmagnola e diramazione Cairo-Acqui" a favore della "Società anonima per la ferrovia da Torino a Savona".

Si prevedeva che questa linea avrebbe avuto pendenze non superiori al 25 per mille e raggi di curvatura non inferiori a 400 metri. Il contributo dello Stato, pari a lire 4.000.000, sarebbe stato pagato a rate e a lavori ultimati.

La società diede subito inizio ai lavori ma, trascorso un certo periodo di tempo, si trovò in difficili condizioni finanziarie, stante la natura e l'accidentalità dei terreni interessati dal tracciato della linea.

Nel settembre del 1865 si pervenne all'approvazione di un'altra convenzione ma, con l'avvenuta crisi del credito pubblico, la società precipitò nuovamente in un grave dissesto economico con la conseguente sospensione dei lavori, la cui direzione era stata assunta direttamente dallo Stato. Nel febbraio del 1867 fu approvata un'ulteriore convenzione con la quale la stessa società cedette ogni suo diritto all'impresa "Guastalla".

I lavori ripresero nel 1870, ma aumentò sempre di più l'asprezza delle vertenze in atto fra l'impresa e lo Stato circa i tempi di realizzazione, destinate a protrarsi per anni con citazioni in giudizio innanzi all'autorità giudiziaria. Nonostante il forte ritardo (i lavori avrebbero dovuto essere ultimati, per contratto, entro l'anno 1872), la tratta Bra-Savona fu inaugurata il 27 settembre 1874 e aperta all'esercizio il giorno seguente, con tre coppie di treni. Bisognerà attendere il 7 aprile 1884 per vedere in funzione la tratta Carmagnola-Bra, per cui, nel frattempo, il traffico ferroviario fra Torino e Savona sarà necessariamente esercitato sul più lungo percorso Carmagnola-Cavallermaggiore-Bra.

Una legge del 1908 aveva previsto il raddoppio del binario da Bra a Ceva. Ciò aveva subito incontrato forti opposizioni a causa, fra l'altro, del poco adatto andamento plani-altimetrico del tracciato e delle sue forti pendenze, per cui fu presto abbandonato.

La linea Carmagnola-Bra-Ceva costituì l'unica relazione ferroviaria fra Torino e Savona fino al 1933, anno in cui fu attivata la tratta a doppio binario Fossano-Mondovì-Ceva. Quest'ultima, più lineare e veloce, farà parte del principale asse di collegamento fra il Piemonte e il porto savonese, mentre il più tortuoso tracciato passante per Bra e Bastia vedrà man mano diminuire la sua importanza commerciale, assumendo così una funzione sussidiaria. Riuscì, comunque, a conservare dignitosamente il suo ruolo di linea a servizio delle comunità locali, grazie a un sistema di interscambio "a pettine" espletato da autocorse per i numerosi paesi della vallata.

Elettrificata con il trifase dal 28 ottobre 1935, la tratta Carmagnola-Bra-Ceva passò a corrente continua il 25 settembre 1973. 

Saranno sufficienti i seppur gravi danni provocati dall'alluvione del 4 novembre 1994 a determinare la chiusura definitiva della linea Bra-Ceva. Il Tanaro provocò, infatti, il crollo di ponti e smottamenti del sedime; si verificarono frane sul binario e le gallerie rimasero invase dal fango.

All'indomani dell'alluvione, la linea si trovò in condizioni pietose e ripristinarla significava dover spendere delle cifre esorbitanti. Basti pensare che soltanto la ricostruzione della sede su cui riposare l'armamento sarebbe costata circa 60 miliardi delle vecchie lire!

In certi tratti, sarebbe stato addirittura impossibile ricostruire il binario sulla vecchia sede perché il Tanaro aveva modificato l'orografia dei luoghi, cancellando le colline sui cui fianchi la linea correva. Il tutto solo dopo due anni dall'installazione del D.C.O.-C.T.C. costato circa 9 miliardi di lire.

La linea Bra-Ceva, pertanto, non sarà più ripristinata e si provvederà, in seguito, alla formale dismissione (D.M. 78/T del 29 maggio 2001) e allo smantellamento del tratto compreso fra le stazioni di Narzole e Ceva.

Risulta ancora attivo il tratto Bra-Cherasco quale raccordo ferroviario per la "Sicom Containers S.p.a.", anche se il binario è stato mantenuto fino alla successiva stazione di Narzole per la presenza in loco di una sottostazione elettrica a servizio della linea fino a Carmagnola, ora però non più in funzione per la messa in esercizio della nuova sottostazione di Bra. Motivo per cui la R.F.I. ha proceduto allo smantellamento della linea elettrica, lasciando così il raccordo Bra-Cherasco alla sola trazione diesel.

A proposito del tratto ancora armato, ma in disuso, fra Cherasco e Narzole, aveva preso corpo l'idea di un suo sfruttamento a scopo turistico. Più recente è la previsione di una pista ciclabile fra Pollenzo e Ceva, con diramazione per Mondovì, da realizzare sul vecchio sedime ferroviario.

Prima della chiusura, la frequentazione della linea non era particolarmente elevata, essendo i viaggiatori, per la maggior parte, dei semplici pendolari (lavoratori e studenti) in ambito locale. Chi doveva affrontare viaggi più lunghi si serviva della linea Torino-Savona via Fossano, con treni più frequenti e veloci.

Negli ultimi tempi di attività della linea, l'orario ferroviario prevedeva principalmente le corse Torino-Ceva e viceversa. Esistevano pure alcune corse Carmagnola-Ceva e Torino-Savona.

Vi circolavano i locomotori E 646 con carrozze a due piani ed E 636 con carrozze tipo "1959". Successivamente all'istituzione a Ceva del D.C.O., ovvero dal mese di settembre 1992 fino alla chiusura della linea, circolavano esclusivamente le ALe 724.

Il servizio viaggiatori viene ora espletato da un autoservizio sostitutivo con cinque-sei corse feriali che effettuano fermata presso quasi tutte le stazioni della linea. A questo scopo, le fermate sono state dotate di una pensilina per l'attesa dei viaggiatori.

Il disegno di legge 2835 del 23 ottobre 1997, purtroppo naufragato, aveva previsto il ripristino della linea Bra-Ceva, nonché il prolungamento dell'esistente tratto Ceva-Garessio (della linea Ceva-Ormea la cui apertura al traffico, effettuata per gradi, avvenne dal 15 settembre 1889 al 15 febbraio 1895) fino a Villanova d'Albenga, entro l'anno 2000. Tutto ciò sulla base di un progetto risalente allo statista Giovanni Giolitti, ma in più occasioni riportato alla ribalta.

Con soli 25 chilometri di nuova linea ferroviaria a binario unico, fra Garessio e Albenga, Torino avrebbe potuto beneficiare di un nuovo sbocco sul mare, con l'innegabile vantaggio di un rinnovato servizio di trasporto fra Piemonte e Liguria.


Il tracciato

Ferrovia Bra-Ceva: la stazione di Niella Tanaro.

La ferrovia Bra-Ceva, elettrificata e costituita da un binario semplice a scartamento normale della lunghezza di 49,97 chilometri (la progressiva chilometrica decorreva dalla stazione di Savona), costeggiava il Tanaro nel tratto in cui lo stesso fiume fa da contorno occidentale alle Langhe rispetto alla pianura cuneese, attraversandolo per ben tredici volte. La linea, infatti, seguiva un percorso piuttosto sinuoso.

Numerose sono le opere d'arte tuttora esistenti: una ventina i ponti principali, fra cui un viadotto ferroviario, e undici gallerie.

Partendo da Bra (progr. 95+181 da Savona; alt. circa 275 s.l.m.), il binario attraversa dapprima il fiume Stura di Demonte, per mezzo di un ponte in muratura a sei campate ad arco di 20 metri di luce ciascuna, e raggiunge poi la stazione di Cherasco (progr. 88+172 da Savona; alt. circa 212 s.l.m.), non presenziata e automatizzata. Con tre binari fronteggianti il fabbricato viaggiatori, quest'ultima dispone di uno scalo merci costituito da alcuni binari tronchi e da un magazzino. Fra questa stazione e quella successiva di Narzole (progr. 81+521 da Savona; alt. circa 215 s.l.m.) - anch'essa provvista di un magazzino per le merci, ma servita dal solo binario di corsa - si trova la galleria più lunga dell'intero tracciato denominata "Trifoglietto" (m. 518,75).

Come detto sopra, a Narzole termina la linea (armamento costituito da rotaie UNI 60 e traversine in cemento armato precompresso). Da questo punto in poi il binario è stato smantellato rimanendo, pertanto, il solo sedime ferroviario. Oltrepassato il fiume Tanaro per mezzo di un ponte promiscuo in pietra, a tre campate ad arco di 34,34 metri di luce ciascuna, si giunge alla stazione di Monchiero-Dogliani (progr. 76+930 da Savona; alt. circa 232 s.l.m.), situata nell'area urbana di Monchiero.

Fra ponti di varia tipologia e brevi gallerie si incontrano le stazioni di Farigliano (progr. 70+098 da Savona; alt. circa 251 s.l.m.) e, nel fondovalle, di Carrù-Clavesana (progr. 65+764 da Savona; alt. circa 272 s.l.m.), ciascuna dotata di un magazzino per le merci e, la seconda, adibita a birreria.

Prima di giungere a Bastia (progr. 60+077 da Savona; alt. circa 299 s.l.m.), il binario attraversa il torrente Pesio per mezzo di un ponte in cemento armato a tre campate ad arco di 15 metri di luce ciascuna, vi si innestava quello non elettrificato proveniente da Mondovì e, attraversato il torrente Ellero tramite un ponte in muratura di laterizi a due campate ad arco di 14,90 metri di luce ciascuna, entrava in stazione. Quest'ultima era la più importante della tratta (escluse Bra e Ceva) in quanto capolinea della ferrovia Mondovì-Bastia. Vi si trova ancora il magazzino per le merci, oltre che un serbatoio per il rifornimento d'acqua e un piccolo deposito. Anche qui, come a Carrù-Clavesana, il fabbricato viaggiatori ospita una birreria.  

Seguono le piccole stazioni di Niella Tanaro (progr. 56+015 da Savona; alt. circa 326 s.l.m.), Rocca Ciglié (progr. 53+101 da Savona; alt. circa 339 s.l.m.; abbattuta) e Castellino Tanaro (prog. 51+001 da Savona; alt. circa 349 s.l.m.; abitata).

Il viadotto in muratura denominato "Braia", con le sue nove campate ad arco di 6 metri di luce ciascuna, precede il capolinea Ceva (progr. 45+281 da Savona; alt. circa 387 s.l.m.), notevole nodo ferroviario sull'asse Torino-Fossano-Savona e dal quale ha origine la linea non elettrificata per Ormea.


La tramvia Monchiero-Dogliani

La linea Monchiero-Dogliani fu chiamata tramvia in quanto costruita su sede stradale ma, in realtà, si trattava di una vera e propria ferrovia sul cui binario a scartamento normale transitava materiale rotabile in parte acquistato dalle F.S.

Questa linea fu realizzata e gestita dalla "Società Anonima Tramvie Elettriche di Dogliani" (S.A.T.E.D.). L'elettricità per farla funzionare era prodotta in loco, sfruttando la corrente dell'alveo del Tanaro.

Attivata il 15 agosto 1923, fu chiusa il 31 gennaio 1956 non risultando più economicamente sostenibile. Dalla chiusura in poi, la relazione Monchiero-Dogliani sarà coperta dalle autocorse, in coincidenza con tutti i treni della Torino-Savona.