Le caratteristiche tecniche


L'armamento

Prima di descrivere l'armamento della linea ferroviaria Airasca-Saluzzo-Cuneo, è necessaria un'introduzione che riguardi sommariamente le caratteristiche tipiche di un binario, con alcuni riferimenti storici.

Innanzitutto è definito "armamento" il complesso delle due rotaie, delle traversine e delle strutture di ancoraggio. A seconda della destinazione d'uso del binario, cambiano i tipi di acciaio di cui sono fatte le rotaie, le dimensioni delle stesse, il peso massimo dei mezzi in transito e la velocità massima ammissibile sul binario medesimo.

In principio, la rotaia più usata fu quella in legno, con la sola fascia metallica sul piano superiore. Tuttavia, questa resisteva poco alle sollecitazioni e al clima, per cui si pensò di sostituire il legno con il ferro. Quella in ferro, rimasta in uso fino agli inizi del '900, si deformava con relativa facilità e difficilmente poteva reggere velocità superiori ai 100 Km/h. Con l'utilizzo di acciai sempre migliori, oggi si possono avere rotaie speciali in grado di sopportare  anche i 500 Km/h, con treni piuttosto pesanti.

La "Vignoles", dal nome dell'inventore inglese Charles Vignoles, è il tipo di rotaia maggiormente usato nella costruzione di linee ferroviarie. Ha progressivamente sostituito, a partire dal 1831, i precedenti tipi, divenendo di impiego comune su tutte le strade ferrate ed è tuttora in uso. La sua forma, ormai classica, è quella di un profilato a doppio "T" costituito da tre distinte parti: la "suola" (ovvero la base di appoggio alle traversine), il "gambo" (elemento verticale) e il "fungo" (la cui superficie superiore è detta "piano di rotolamento").

Le rotaie sono solitamente marcate, in ogni segmento, con una data e una sigla seguita dal peso in chilogrammi per metro lineare. Agli inizi furono usate rotaie da 18, 25 e 27 Kg/m. In seguito divennero assai diffuse quelle da 36 Kg/m, per le ferrovie meno importanti, e da 46 e 48 Kg/m, per quelle principali.

A partire dagli anni '60, anche in Italia, in occasione delle manutenzioni e degli ammodernamenti, si è cominciato a sostituire le varie tipologie di rotaia con quelle unificate "UNI 50" e "UNI 60" che pesano rispettivamente 50 e 60 Kg/m. Maggiore è il peso, maggiori sono le prestazioni.

Le rotaie sono fissate per mezzo di piastre metalliche imbullonate alla traversina, ma nelle costruzioni in economia potevano essere inchiodate direttamente sul legno. Quest'ultimo sistema, poco affidabile, fu in seguito abbandonato. Di recente, anche i sistemi di fissaggio alla traversina sono stati migliorati, sostituiti da fissaggi di tipo elastico che assorbono meglio le vibrazioni del treno in corsa e sono di più semplice installazione.

La traversine - in legno di faggio, rovere o lacero rosso - dovevano essere trattate con una sostanza oleosa per impermeabilizzarle dall'acqua e preservarle così il più a lungo possibile. Quando ancora circolavano le locomotive a vapore, succedeva spesso che, durante le soste in stazione, del carbone ardente caduto sul binario arrivasse a incendiarle, con la conseguente necessità di provvedere alla loro sostituzione.

Oggi sono in corso di abbandono, sostituite da quelle in cemento armato precompresso. Rappresentano, inoltre, un serio problema ecologico, dato il difficile smaltimento e la tendenza, una volta rimosse e messe in deposito, a rilasciare sostanze nocive.

Le traversine sono appoggiate sulla massicciata e parzialmente ricoperte dal pietrisco per garantire una certa stabilità e il drenaggio.

La giuntura fra i segmenti di rotaia costituisce il punto più debole del binario. Nelle prime linee con rotaie in ferro, i segmenti - molto più corti rispetto agli attuali, cioè 5 metri contro i 36 di oggi - erano uniti fra di loro per mezzo di una semplice piastra di metallo rivettata al gambo della rotaia.

Questo tipo di sistema è stato perfezionato nel tempo, passando alla bullonatura prima e alla saldatura poi. Il progresso tecnologico ha permesso di ridurre notevolmente le vibrazioni e le scosse trasferite ai veicoli dalle giunture delle rotaie.

La manutenzione della linea deve essere più frequente con l'aumentare della velocità di transito. Oggi la posa e la manutenzione dei binari non vengono più realizzate a mano da squadre di operai, ma si usano macchine speciali, in grado di preparare il terreno, posare le rotaie o rimuoverle in modo semiautomatico.

Si definisce, infine, "scartamento" la distanza fra le tangenti dei bordi interni dei funghi delle rotaie, misurata 14 millimetri al di sotto del piano di rotolamento. Lo scartamento non è universale: nazioni diverse e sistemi ferroviari diversi possono adottare scartamenti diversi. In Italia, lo scartamento dell'intera rete statale è di 1.435 millimetri, definito in sede internazionale come "scartamento normale" o "standard" ed è direttamente derivato dallo scartamento usato da George Stephenson per presentare al mondo la prima locomotiva.

La tratta ferroviaria Airasca-Moretta era costituita da un binario a scartamento normale e non era elettrificata. Stessa cosa per il percorso ancora armato Moretta-Saluzzo-Cuneo, ma con l'esclusione del segmento compreso fra il bivio di Madonna dell'Olmo e la stazione di Cuneo Altipiano - lungo 3,26 chilometri, a doppio binario ed elettrificato - facente parte della linea Trofarello-Cuneo.

Prima che venisse rinnovato l'armamento della linea e, quindi, fino ai primi anni '80, l'intero tracciato Airasca-Saluzzo-Cuneo consentiva velocità piuttosto ridotte. Con i mezzi a vapore, infatti, non si potevano superare i 40 Km/h, mentre con i mezzi leggeri, il limite era 60. Oltretutto, l'esigua lunghezza di ciascuna rotaia e, conseguentemente, l'elevata frequenza delle giunture, causavano ampie oscillazioni del materiale in transito e rendevano il suo passaggio assai rumoroso (il cosiddetto "martellamento" provocato dal salto della ruota sui punti di giunzione).

La linea era caratterizzata dalle seguenti pendenze (media e massima):

  • 1,9 e 9 per mille (Airasca-Moretta);
  • 6,9 e 11,2 per mille (Moretta-Saluzzo);
  • 7,3 e 17,5 per mille (Saluzzo-Cuneo).

Essa si sviluppava in un percorso piuttosto regolare, su terreno per lo più pianeggiante, per una lunghezza totale di 67,08 chilometri (Airasca-Saluzzo: Km 33,48; Saluzzo-Cuneo: Km 33,60).

Lo sviluppo complessivo delle curve era così ripartito:

  • 12,8 % (Airasca-Moretta);
  • 7 % (Moretta-Saluzzo);
  • 20 % (Saluzzo-Cuneo).

In origine, il peso assiale massimo consentito corrispondeva a:

  • 15 tonnellate (Airasca-Saluzzo);
  • 18 tonnellate (Saluzzo-Costigliole);
  • 16 tonnellate (Costigliole-Cuneo).

Come accennato sopra, nei primi anni '80, il tratto Airasca-Saluzzo è stato oggetto di corposi lavori di rinnovamento, proprio alle soglie della sua definitiva chiusura, che non hanno portato, però, a una significativa riduzione dei tempi di percorrenza dei treni. Gli stessi interventi sono stati previsti e attuati per il tratto Cuneo-Saluzzo.

Questi lavori sono più propriamente consistiti:

  • nella sostituzione delle preesistenti rotaie "RM 27" - di bassa portata, piuttosto corte (9 metri ciascuna) e, in origine, solamente inchiodate alle traversine - con le più massicce e lunghe "UNI 50" (da Airasca a Moretta e da Saluzzo a Cuneo) e "UNI 60" (da Moretta a Saluzzo), le cui estremità sono state saldate fra di loro in modo da formare due rotaie continue fra una stazione e l'altra, con evidenti vantaggi di un maggiore comfort di marcia e di una minore usura delle rotaie stesse e dei veicoli transitanti;
  • nella posa di traversine in cemento armato precompresso in sostituzione di quelle in legno, salvo che nei piazzali ferroviari delle stazioni;
  • nell'ammodernamento di tutte le altre infrastrutture connesse al binario (segnaletica, linea telefonica, fabbricati, ecc...).

Tutto ciò al fine di potenziare e adeguare la linea soprattutto al trasporto merci con l'utilizzo dei locomotori diesel.

Era stata prevista, sull'Airasca-Saluzzo, anche la sopraelevazione di alcuni tratti curvilinei del binario onde consentire una velocità più elevata dei convogli, sia merci che viaggiatori. In riferimento a questi ultimi, sarebbe stato così possibile istituire un certo numero di corse dirette, escludenti alcune fermate intermedie, con la conseguente accelerazione dei tempi di percorrenza sull'intero percorso Torino-Airasca-Saluzzo-Cuneo.    

Ferrovia Airasca-Cuneo (anni '60): tabella delle caratteristiche tecniche della linea (archivio C. Campana).


La segnaletica

La segnaletica ferroviaria è un argomento piuttosto complesso e non è certamente questa la sede per approfondirlo. Essa è nata dalla necessità di impartire delle "informazioni" o degli "ordini di marcia" al macchinista. La segnaletica attualmente in uso rappresenta l'evoluzione tecnologica di quella creata agli albori del trasporto ferroviario e rispecchia, nell'ambito delle diverse reti ferroviarie, determinate scelte fatte nel corso del tempo.

I primi segnali semaforici delle F.S. furono quelli ereditati dalle precedenti amministrazioni ferroviarie private. Essi rimasero in uso per molti anni e solo nel 1922 cominciarono a essere sostituiti dai semafori ad ala di tipo F.S.

I segnali semaforici ad ala erano costituiti da un traliccio verticale che sorreggeva un'ala la quale, a sua volta, poteva assumere due posizioni, una orizzontale e una inclinata verso il basso di 40 gradi. Sullo stesso traliccio era posta una lanterna a petrolio che proiettava una luce rossa o verde a seconda della posizione assunta dall'ala medesima. Le ali dei semafori potevano essere di prima o di seconda categoria.

Il movimento dell'ala era assicurato dallo scorrimento di un cavo metallico posizionato lungo la linea e sorretto da paletti e carrucole, così come vedremo per le sbarre dei passaggi a livello.

La segnaletica dell'Airasca-Saluzzo era rimasta obsoleta fino alla fine degli anni '70. Infatti, mentre sul tratto Cuneo-Saluzzo, come anche sulla Savigliano-Saluzzo, si faceva già uso di segnali luminosi, sull'Airasca-Saluzzo esistevano ancora quelli ad ala.

Ecco alcune curiosità riguardanti la manutenzione di questi ultimi.

La lanterna necessitava di essere ricaricata di petrolio ogni tre giorni, nonché occorreva effettuare periodicamente un'accurata pulizia dei vetrini antistanti la fiammella, a causa dell'affumicatura degli stessi che rendeva invisibile il segnale durante le ore notturne. Questi particolari lavori erano stati affidati, per un certo periodo di tempo, ai "contrattisti" (per lo più di sesso femminile), assunti dalla F.S. semplicemente "a contratto". Oltre alla corresponsione del dovuto compenso, a questi ultimi le ferrovie dovevano garantire la disponibilità di apposite garitte di legno, posizionate lungo la linea e in prossimità dei segnali, da utilizzare come piccolo deposito e come riparo (dotato di stufa e di una scorta di legna) durante i freddi e sovente nebbiosi inverni.

E proprio la nebbia, considerata la scarsa visibilità dei segnali che essa provocava, rendeva necessario procedere a questa particolare soluzione: i "contrattisti" avevano il compito di posizionare sopra la rotaia destra (guardando il binario con il segnale alle spalle) tre petardi a forma di orologio da polso i cui "bracciali" di piombo dovevano essere allacciati alla rotaia medesima in modo da tenere fermo il rotondo contenitore della polvere esplosiva. Il passaggio della ruota del treno sopra le tre capsule provocava tre distinte esplosioni, piuttosto rumorose, che servivano ad allertare i macchinisti circa la presenza del segnale stesso.

 

                                                                                                                                                                                      Ferrovia Airasca-Saluzzo (febbraio 1978): segnale ad ala fra le stazioni di Villafranca Piemonte e Moretta (foto M. Mingari).

I sistemi di comunicazione

Lo sviluppo del servizio telegrafico in Italia seguì, nei primi anni, quello della ferrovia, in parte perché il sistema ferroviario necessitava di comunicazioni tempestive da un capo all'altro dei suoi terminali, ma anche perché era piuttosto agevole posizionare dei pali portafili lungo le linee, facilmente controllabili dal treno.

Con la nascita del Regno d'Italia, sul territorio erano presenti una decina di servizi telegrafici diversi, prevalentemente gestiti dalle ferrovie degli stati preunitari. Lo Stato pretese poi che tutti i servizi telegrafici fossero interconnessi, creando così le premesse di un sistema unitario.

Lo sforzo riorganizzativo iniziale delle comunicazioni italiane, dopo l'Unità d'Italia, si concentrò soprattutto nell'omogeneizzazione tecnologica dei diversi servizi creati dalle amministrazioni precedenti.

Quando, nel 1905, nacquero le "Ferrovie dello Stato" che accorparono e nazionalizzarono la maggior parte delle ferrovie italiane, anche quelle rimaste private furono obbligatoriamente collegate ai "Telegrafi di Stato".

In origine, era quindi il telegrafo il mezzo di comunicazione utilizzato dal personale ferroviario addetto alla stazioni e ai passaggi a livello. Al telegrafo, più in particolare, erano legate le figure tipiche del telegrafista e del guardafili. In seguito, sarà adottata la linea telefonica di servizio. Anche in questo caso, però, i fili erano semplicemente appesi a pali di legno allineati lungo il binario. Specie nei tratti in cui la ferrovia era affiancata da alberi di alto fusto, era piuttosto frequente che, in caso di cattivo tempo, dei rami spezzati colpissero i cavi tranciandoli. E' ovvio che le frequenti interruzioni del telefono e i continui disturbi di ricezione rendessero precario l'esercizio della linea con conseguenti ritardi, anche notevoli, dei treni.

Sul tratto Airasca-Saluzzo, i posti telefonici raggiungevano il numero di ventiquattro (inclusi quelli delle stazioni di Airasca e Saluzzo), mentre sul tratto Cuneo-Saluzzo (escludendo Saluzzo, conteggiato prima, e il tratto Madonna dell'Olmo-Cuneo Altipiano) erano originariamente ventuno.

Trovavano collocazione, oltre che presso tutte le stazioni e fermate della linea, in corrispondenza dei passaggi a livello presenziati, all'interno di apposite garitte.

I primi telefoni consentivano le chiamate solo fra le postazioni collocate lungo la linea ed era possibile l'intercettazione delle comunicazioni in corso fra le postazioni medesime.

Per il servizio telefonico attuale e, più in generale, per il sistema di automazione della linea, è previsto il posizionamento dei cavi a terra, all'interno di appositi canali prefabbricati in cemento, posizionati lungo il binario e a lato della massicciata. 


I passaggi a livello

Le case cantoniere, di cui parleremo meglio nel prossimo paragrafo, erano quasi sempre collocate in corrispondenza di passaggi a livello che, salvi quelli incustoditi, disponevano di cancelli  o di sbarre levatoie. Queste ultime venivano manovrate sul posto, come ovviamente i cancelli, oppure a distanza. Nel primo caso, la casa cantoniera era affiancata da una garitta prefabbricata in cemento, utilizzata dal personale addetto alla vigilanza del passaggio. Nel secondo caso, le sbarre venivano manovrate dalle stazioni o dalle garitte delle case cantoniere limitrofe, per mezzo di cavi metallici che, sollevarti da terra tramite un sistema di paletti e carrucole, scorrevano affiancati al binario su attivazione manuale di appositi argani.

Ciascuna garitta era fornita, al proprio interno, di uno scrittoio con sedia, di una stufa a legna per l'inverno e di un telefono di servizio. Alcune erano addirittura prive di corrente elettrica, mentre nessuna disponeva di servizi igienici.

Non tutti i passaggi al livello, però, erano affiancati da una casa cantoniera. Si trattava, in questi casi, di passaggi manovrati a distanza oppure incustoditi. Questi ultimi, in quanto privi di cancelli o barriere, erano segnalati dalla "Croce di Sant'Andrea" e consistevano in attraversamenti di strade sterrate di campagna oppure semplicemente pedonali.

Allo stato attuale, sul tratto da Saluzzo a Cuneo, come sulle altre linee dove i cavalcavia e i sottopassi stradali non hanno ancora soppiantato del tutto i pericolosi passaggi a livello, questi ultimi risultano ormai tutti automatizzati.

Il numero di passaggi al livello custoditi sul tratto da Airasca a Saluzzo era di trentasette, di cui venticinque manovrati a distanza. In conseguenza della chiusura di detto tratto, sul tronco ancora armato Moretta-Saluzzo il transito occasionale dei convogli da e per le officine della "Meccanica Moretta S.r.l." avviene "a vista". E' necessario, cioè, che il treno si fermi poco prima di ogni attraversamento stradale e che il personale viaggiante scenda dallo stesso per bloccare il traffico. Oltrepassata la sede stradale, il treno si ferma nuovamente per consentire a detto personale di risalire a bordo.

Sul tratto Saluzzo-Cuneo, i passaggi a livello custoditi erano originariamente ventinove. 


Le case cantoniere 

Su questa linea come altrove, le case cantoniere, dette più comunemente "caselli", costituivano la residenza del personale ferroviario e delle rispettive famiglie. Stessa finalità avevano gli alloggi delle stazioni e delle fermate.

In genere, ogni tratto di linea dispone di una propria tipologia costruttiva di casa cantoniera. I caselli delle linee Airasca-Moretta-Cavallermaggiore, Moretta-Saluzzo e Bricherasio-Barge, costruite contemporaneamente, sono accomunati dalla stessa tipologia che però si differenzia da quella adottata dalla più recente Cuneo-Saluzzo.

Altre caratteristiche architettoniche contraddistinguono, per esempio, i caselli della Savigliano-Saluzzo (a pianta pressoché quadrata e con tetto a quattro falde) e della Busca-Dronero.

L'aspetto che accomuna i caselli di tutte le linee secondarie descritte in questo sito è rappresentato, comunque, dalle dimensioni piuttosto ridotte, inferiori a quelle solitamente previste per i caselli delle tratte più importanti.

Con il passere dei decenni, sono cresciute notevolmente le esigenze di maggiore spazio abitativo e di comodità, tanto da determinare un progressivo abbandono di questi fabbricati, troppo angusti e privi dei comfort a cui siamo abituati oggi.

Il fenomeno dell'abbandono dei caselli sull'asse Airasca-Saluzzo-Cuneo iniziò già molto tempo prima della chiusura del tratto Airasca-Saluzzo. Furono altresì numerosi quelli abbattuti, specie se troppo isolati.

I caselli originariamente esistenti sull'intero percorso in esame erano quarantadue (trentadue gli attuali), così ripartiti:

  • diciassette (dodici gli attuali) sull'Airasca-Moretta;
  • sette (sei gli attuali) sulla Moretta-Saluzzo;
  • diciotto (quattordici gli attuali) sulla Saluzzo-Madonna dell'Olmo.

Di quelli ancora rimasti, appena una decina sono abitati o, comunque, utilizzati, mentre gli altri sono ormai quasi tutti fatiscenti.

Come per le stazioni e le fermate abbandonate, anche per i caselli si è provveduto al tamponamento degli ingressi e delle finestre del piano terreno, al fine di evitare l'occupazione abusiva degli stessi da parte di persone senza fissa dimora o tossicodipendenti.

L'aggravarsi del degrado di questi immobili richiede un urgente intervento di recupero, pubblico o privato, di ciò che è ancora recuperabile, nonché l'abbattimento di ciò che non lo sia più, onde evitare problemi di sicurezza e di natura igienico-sanitaria.


Le opere d'arte

                                                                                                                Ferrovia Airasca-Saluzzo (dicembre 1985): il ponte promiscuo sul torrente Pellice (foto D. Garelli).

Le opere d'arte dell'asse ferroviario Airasca-Saluzzo-Cuneo non sono particolarmente rilevanti. Nulla a che vedere, insomma, con la vicina linea Cuneo-Ventimiglia-Nizza, caratterizzata da manufatti di straordinaria imponenza e prestigio.

Trattandosi di una ferrovia di pianura, non esistono viadotti e gallerie, ma sono comunque presenti alcuni ponti di un certo interesse che superano i corsi d'acqua provenienti dalle limitrofe valli alpine.

Sul tratto Airasca-Saluzzo spiccano i due ponti promiscui, in muratura di laterizi, sul torrente Pellice, fra Vigone e Villafranca, e sul fiume Po, fra Villafranca e Moretta. Il primo è costituito da cinque campate ad arco di 17 metri di luce ciascuna, per un totale di 96 metri di lunghezza; il secondo è invece costituito da tre campate ad arco, sempre di 17 metri di luce ciascuna, per una lunghezza complessiva di 56,50 metri.

Come si è già detto, con lo smantellamento della linea è stato possibile ampliare la sede stradale dei suddetti ponti, sfruttando lo spazio prima occupato dal binario.

Erano circa centotrenta i ponticelli per l'attraversamento dei corsi d'acqua irrigui, di cui alcuni obliqui e altri a sifone. La loro luce variava da un minimo di 0,50 a un massimo di 8 metri riferito a quello in cemento sul torrente Lemina, nei pressi di Cercenasco. Quest'ultimo, originariamente in muratura di laterizi e ad arco, fu poi costituito da una semplice travata metallica, dopo che i partigiani lo fecero saltare nel 1944. Sul tratto Saluzzo-Cuneo, invece, l'opera d'arte maggiore è il ponte in muratura di laterizi sul torrente Maira, a Busca, costituito da tre campate ad arco di di 10 metri di luce ciascuna.

Esistono altri due ponti di una certa importanza su questo tratto di linea, entrambi a doppia travata metallica con pilone centrale in muratura di pietra, rispettivamente sul torrente Varaita, a Costigliole Saluzzo, e sul torrente Grana, nei pressi di Roata Rossi.

Sono circa centottanta, infine i ponticelli di luce compresa fra 0,50 e 3,50 metri.